Terminato il periodo scolastico che può durare più o meno a lungo a seconda delle caratteristiche individuali, si apre un momento della vita piuttosto complessa che è quello dell'inserimento nel mondo del lavoro.

Già ma quale mondo del lavoro?

Avete mai visto persone con SD che prendono l'autobus, scendono, in centro città o nella zona industriale dove lavorano, si dirigono verso una fabbrica, o un ufficio, o un esercizio commerciale, magari fermandosi al bar a prendere un cappuccino e una brioche?

No questa è una procedura riservata ai normodotati, le persone con SD seguono procedure diverse, la maggior parte delle volte vengono caricati in un pulmino e portati a destinazione che di solito è un laboratorio protetto, svolgono la loro attività che può essere più o meno lunga, vengono ricaricati sul pulmino e riportati a casa.

Ma che cosa significa laboratorio protetto?

È un luogo dove vengono svolte attività principalmente manuali sotto la supervisione di una o più persone normodotate: dove normalmente le persone con SD svolgono attività di preparazione, rassetto e pulizia, come nelle cucine, o nelle falegnamerie, o nelle mense di istituti sociali.

A volte lavorano sulla composizione di pagine che andranno poi in stampa in aziende editoriali, o pubblicate su siti internet, a volte cablano circuiti elettrici per aziende che producono apparecchiature elettriche, o imbustano e affrancano corrispondenza di massa per aziende di marketing.

Ovviamente abbiamo citato solo alcuni dei mestieri che si svolgono nei laboratori protetti che ovviamente sono molti di più e abbracciano svariati settori.

In conclusione le persone con SD svolgono tante attività di supporto a lavori più complessi che restano però sotto la responsabilità dei normodotati.

Certo non tutte le persone con SD sono in grado di svolgere attività complesse con gradi di responsabilità importanti, a volte le loro capacità sono fortemente limitate su uno o più fronti dato che possono essere fortemente ipovedenti, fortemente ipotonici, poco coordinati, con ritardi cognitivi più o meno importanti, ma alcuni di loro, poco colpiti dall'azione negativa della maggior quantità di materiale genetico, con la giusta preparazione e il giusto addestramento, potrebbero essere in grado di assumere attività con più responsabilità e vivere una vita più autonoma.

Queste persone con SD e con buone possibilità evolutive, vengono però incanalate in un universo semplificato che viene ritenuto più adatto alla maggior parte di loro, un universo protetto, ma separato dal resto della società.

E' emblematico il servizio andato in onda il 1 agosto 2017 in prima serata sulla RSI LA1 che al minuto 22:05 parla di un villaggio di una fondazione ginevrina dove vivono persone con ritardi cognitivi in piena autonomia, chi accudisce gli animali da fattoiria, chi lavora negli orti, chi si occupa delle pulizie e del mantenimento dell'efficienza del villaggio.

Sembra una situazione idilliaca e ideale se non fosse che hanno dovuto chiedere un autobus che permettesse loro di frequentare i villaggi vicini perchè le autorità volutamente o no non avevano pensato che potesse nascere questa esigenza.

Certo la fondazione ginevrina proprietaria degli immobili e del territorio poteva esercitare l'assistenza ai disabili solo in quell'area ma che non siano nemmeno stati sfiorati dall'idea della necessità di mezzi pubblici per permettere ai loro assistiti di potersi spostare nei villaggi vicini ci fa pensare che quell'isolamento era voluto.

In poche parole erano disabili concentrati nel villaggio di Aigues-Vertes e isolati dal resto della regione, questo tipo di sistemazione è da sempre definita "Ghetto" che è l'antitesi dell'inclusione sociale a cui noi propendiamo dove i disabili vivono la loro vita in mezzo a tutti gli altri.

Anche in Ticino la tendenza è quella di concentrare nelle aree a disposizione delle associazioni e delle fondazioni i disabili fisici e/o cognitivi perchè organizzativamente parlando è più facile erogare le loro prestazioni, ma se i disabili vivono permanentemente in queste aree si generano così involontariamente dei piccoli ghetti.

Dovremmo pensare ad una assistenza distribuita sul territorio in modo da permettere ai disabili di vivere in mezzo alla società reale, certo questa soluzione potrebbe essere più costosa in termini economici ma socialmente parlando è sicuramente più umana.

Questa soluzione è già adottata per le persone anziane e per i disabili fisici per cui le stesse strutture potrebbero assistere anche i disabili cognitivi.